* di Luca Fusari
L’Europa impone l’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici, nel pubblico impiego, a 65 anni di età per riparare alla grave discriminazione (così si vuol far passare) che si effettua nei loro confronti con l’attuale età pensionabile di 60 anni rispetto ai 65 dei colleghi.
E’ davvero così?
E’ davvero così?
La Direttiva Comunitaria 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (rif: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31979L0007:IT:HTML), all’art. 7, consente esplicitamente di mantenere differenze nell’età pensionabile fra uomini e donne.
Il Consiglio ha considerato, quindi, pienamente compatibili eventuali differenze di età per andare in pensione con il divieto di discriminazione in ragione del sesso.
Il perché di simili differenze nell’età pensionabile è cosa arcinota e comunemente accettata: si tratta di una misura compensatoria del doppio ruolo che normalmente le donne sono chiamate a svolgere (lavoro e famiglia). Anche se i ruoli non sono più così definiti, in quanto il percorso di emancipazione ha portato a dei cambiamenti, ci sono ruoli e funzioni propri della donna, e che Ella rivendica, (ad esempio quello di madre) che comunque portano ad un carico di lavoro mediamente più denso di quello dell’uomo: non tenere conto di questo elemento incontrovertibile sarebbe, questa sì, una discriminazione ingiusta ed intollerabile.
Il Consiglio ha considerato, quindi, pienamente compatibili eventuali differenze di età per andare in pensione con il divieto di discriminazione in ragione del sesso.
Il perché di simili differenze nell’età pensionabile è cosa arcinota e comunemente accettata: si tratta di una misura compensatoria del doppio ruolo che normalmente le donne sono chiamate a svolgere (lavoro e famiglia). Anche se i ruoli non sono più così definiti, in quanto il percorso di emancipazione ha portato a dei cambiamenti, ci sono ruoli e funzioni propri della donna, e che Ella rivendica, (ad esempio quello di madre) che comunque portano ad un carico di lavoro mediamente più denso di quello dell’uomo: non tenere conto di questo elemento incontrovertibile sarebbe, questa sì, una discriminazione ingiusta ed intollerabile.
E questo non cambia a seconda che si tratti di operaie, impiegate o pubbliche dipendenti.
Perché allora la Corte di Giustizia Europea impone tale innalzamento? Purtroppo per la Corte la pensione dei dipendenti pubblici non sarebbe previdenza, ma retribuzione e come tale sottoposta al rispetto del principio di parità di trattamento previsto dal Trattato sul funzionamento della U.E..
Le pensioni delle pubbliche dipendenti sono considerate come retribuzione, in quanto non rientranti nel regime obbligatorio generale (gestito dall’INPS) ma in un regime speciale di categoria (gestito dall’INPDAP).
E’ anche vero, però, che nella sentenza della Corte non si impone che le pubbliche dipendenti debbano andare in pensione a 65 anni, ma si chiede che le regole, comprese quelle sull’età pensionabile, siano eguali per tutti.
Perché allora la Corte di Giustizia Europea impone tale innalzamento? Purtroppo per la Corte la pensione dei dipendenti pubblici non sarebbe previdenza, ma retribuzione e come tale sottoposta al rispetto del principio di parità di trattamento previsto dal Trattato sul funzionamento della U.E..
Le pensioni delle pubbliche dipendenti sono considerate come retribuzione, in quanto non rientranti nel regime obbligatorio generale (gestito dall’INPS) ma in un regime speciale di categoria (gestito dall’INPDAP).
E’ anche vero, però, che nella sentenza della Corte non si impone che le pubbliche dipendenti debbano andare in pensione a 65 anni, ma si chiede che le regole, comprese quelle sull’età pensionabile, siano eguali per tutti.
Quindi la U.E. non da alcuna indicazione sul livello di parificazione che, invece, è scelto autonomamente da ogni singolo Stato. Perciò nulla vieta che le pensioni siano, ad esempio, portate a 63 anni per tutti, uomini e donne. Ma c’è di più. Se le pensioni dei dipendenti pubblici confluissero nel regime generale si supererebbe l’interpretazione di retribuzione che la Corte da alle pensioni iscritte all’INPDAP, potendo in questo modo mantenere la differenziazione dell’età pensionabile fra uomini e donne.
Invece la sensazione è che il Governo ne abbia approfittato solo per fare cassa sulle spalle delle impiegate pubbliche.
Invece la sensazione è che il Governo ne abbia approfittato solo per fare cassa sulle spalle delle impiegate pubbliche.
Luca Fusari
Coordinatore Regionale FP-CGIL Area “Lavoro-Società”
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