Nella lettera al Governo italiano, la Commissione Europea rimarca che questo regime di aiuti:
- interessa solo le piccole e le microimprese (rispettivamente con meno di 50 o meno di 10 dipendenti entro certi limiti di fatturato annuo), costituite dopo il 1/1/2008 ;
- interessa quartieri svantaggiati, da rivitalizzare, di aree urbane e può coinvolgere aree abitate da un massimo di 30.000 persone;
- non mira ad incentivare investimenti e creare occupazione, quanto a porre rimedio all’esclusione sociale;
- richiede una strategia integrata, che coinvolga l’istruzione, gli alloggi, la lotta all’esclusione, l’occupazione, lo sport;
- viene accettato dall’Unione Europea perché avrà un impatto molto limitato sugli scambi.
Lo strumento della Zona Franca Urbana, nato in Francia, è stato introdotto nella legislazione italiana nella Finanziaria 2007 dal Governo Prodi, con le finalità individuate nella lettera della Commissione Europea di accettazione del regime di aiuti proposto dal Governo Italiano.
E questo strumento, ancora da approvare formalmente dall’Unione Europea per L’Aquila, è nella Legge 77/09 come una delle risposte ( altre sono i Contratti di Programma, ad esempio ) individuate dal Governo per far fronte alle conseguenze economiche del sisma. Restano però aperte alcune questioni :
- Nella Legge sono individuati 45 milioni di euro disponibili, ma non è specificato se siano il totale dell’intervento, o la cifra utilizzabile per ogni anno di vigenza del regime di aiuti (tale questione non è stata sciolta dalla Delibera del CIPE che autorizza la Zona Franca per L’Aquila, né è sciolta la questione della intensità d’aiuto per singola impresa, peraltro ultimamente ridotta in via generale da un provvedimento governativo );
- Nella legge è ben specificato che i 45 milioni fanno parte delle risorse complessivamente stanziate per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma ( e che sono insufficienti ), e non sono aggiuntivi;
- La Legge prevede che tale regime di aiuti possa riguardare più di 30.000 persone nell’area colpita dal sisma, ma su questo bisognerà attendere altri pronunciamenti governativi ed europei, e che possa riguardare solo le imprese costituite dopo il 6/4/2009, in deroga a quanto stabilito in via generale per le Zone Franche Urbane.L’art. 107.2.b della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea recita che sono compatibili con il mercato interno “ gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”. Sarebbe possibile perciò immaginare una specifica misura di sostegno all’intera area colpita dal sisma, capace di riverberare i suoi benefici per l’intera Provincia de L’Aquila, per il grado di interconnessione socio-economica che lega tutto il territorio. Ma non è stata scelta questa strada dal Governo, perché non ne ha né la volontà politica, né le risorse. E, sul territorio provinciale, la lotta per raggiungere questo obiettivo è stata sino ad ora inadeguata e insufficiente.
Ecco allora che la Zona Franca Urbana per L’Aquila rischia di essere l’unica risposta al tessuto economico e produttivo colpito dal sisma, ponendo anche una pesantissima ipoteca sul futuro, perché sostiene un tessuto economico che deve essere fatto solo di piccole e microimprese, i cui livelli di fatturato non potranno certo consentire innovazione e tanto meno ricerca.
La Zona Franca de L’Aquila, secondo le regole dell’Unione Europea, non ha la finalità dunque di sostenere l’economia e gli investimenti, ma quella, nobilissima, di intervenire sulle esclusioni sociali. E quindi è la risposta incoerente alle necessità di rilancio e riqualificazione del tessuto economico e produttivo colpito dal sisma.
E questa storia andrebbe raccontata per come è. Altrimenti, si è subordinati ad una propaganda che distrugge ancora di più le aree colpite dal sisma.
Luigi Fiammata
Segretario FLAI–CGIL L’Aquila
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